Quando il jazz parlava italiano

Un'opera monumentale, per quantità e qualità, destinata a lasciare il segno: è il secondo e ultimo capitolo della storia del jazz in Italia di Adriano Mazzoletti. Per avvicinarci a questo lavoro definitivo, che ricostruisce cronache e prospettiva storica fino agli anni Sessanta, abbiamo parlato con il suo autore.


Quali sono le fonti a cui hai attinto per ricostruire la storia del jazz in Italia?
«Le fonti sono anzitutto le mie interviste ai musicisti; una novità è l'enorme materiale che si trova negli archivi Rai post-Eiar, in particolare i moduli "1080" che elencano tutte le informazioni relative alle musiche andate in onda. E poi ovviamente giornali, riviste, quotidiani, stampa periodica. Infine i non pochi ricordi personali: lavoro nel jazz dal 1955 e ho iniziato alla Rai nel 1959».


Quando è avvenuta la maturazione del jazz italiano?
«Una prima maturazione c'è stata nei primi anni '30, con l'apparizione di Gorni Kramer, Enzo Ceragioli, Cosimo Di Ceglie, Franco Mojoli con gruppi anche più avanzati del coevo e celebrato jazz francese. Poi la seconda e definitiva maturazione è arrivata negli anni '60 con i Basso, Valdambrini, Cerri, Boneschi, Rotondo, Cesàri».


Come mai in Italia prima della guerra sono arrivati così pochi musicisti americani?
«Il fascismo non c'entra molto, almeno fino al 1938. Certo l'Italia era una dittatura ma la causa principale era l'impossibilità dei musicisti americani di jazz di trovare da noi un lavoro regolare. Il jazz non era accettato a livello di grande pubblico e la cultura italiana era più chiusa, mentre in Francia c'era una maggiore interesse per quanto avveniva all'estero».


In che misura la cultura italiana ha poi recepito il jazz?
«La cultura ufficiale accademica non ha mai accettato il jazz al 100%. C'era un parte che lo accettava, ma il jazz ha subito il pregiudizio di essere musica da ballo o di poco conto. In realtà ha ricevuto più attenzioni da artisti e intellettuali del cinema e della letteratura che della musica. D'altra parte per molto tempo la critica italiana ha snobbato i jazzisti italiani a favore dei più "autentici" americani».


La mole del libro riflette un qualche primato quantitativo del jazz italiano rispetto ad altre scene europee?
«Forse sì. Rispetto ad altri Paesi, almeno fino agli anni '60, il nostro vantaggio è che abbiamo avuto la provincia. Ancora oggi in Francia il jazz che conta si fa solo a Parigi, ma da noi si è sviluppato in tante "capitali" come Bologna, Roma, Torino, Firenze, Milano, e anche le province minori sono scandagliate in dettaglio nel libro».


Adriano Mazzoletti, Il Jazz in Italia. Dallo swing agli anni Sessanta. Torino, Edt 2010, 1664 pp. (2 tomi), € 54,00



Festa a Roma

Festa a Roma


Venerdi 28 maggio, alle 21 nella Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, festa per l'uscita del libro Il jazz in Italia. Dallo Swing agli anni Sessanta, di Adriano Mazzoletti, pubblicato dalla Edt. Alla conversazione a più voci (Leone Piccioni, Marcello Piras, André Clergeat, Marco Santoro e l'autore) si alterneranno momenti musicali con il Sestetto Dino & Franco Piana con Sandro Deidda, i Saxes Machine di Bruno Biriaco, il Trio Amedeo Tommasi - Giovanni Tommaso - Franco Mondini e la Nuova Roman New Orleans Jazz Band, alcuni fra i protagonisti di quegli anni, da Giampiero Boneschi, a Gianni Coscia, a Carlo Loffredo, e artisti della scena attuale come Enrico Pieranunzi, Rosario Giuliani, Ramberto Ciammarughi, Franco Piana, Luca Begonia e il Quintetto Swing di Emanuele Urso. La St. Louis Big Band, diretta da Antonio Solimese, infine renderà omaggio all'opera di Piccioni.
A Piero Angela il compito di introdurre la serata.
Venerdi 28 maggio, alle 21 nella Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, festa per l'uscita del libro Il jazz in Italia. Dallo Swing agli anni Sessanta, di Adriano Mazzoletti, pubblicato dalla Edt. Alla conversazione a più voci (Leone Piccioni, Marcello Piras, André Clergeat, Marco Santoro e l'autore) si alterneranno momenti musicali con il Sestetto Dino & Franco Piana con Sandro Deidda, i Saxes Machine di Bruno Biriaco, il Trio Amedeo Tommasi - Giovanni Tommaso - Franco Mondini e la Nuova Roman New Orleans Jazz Band, alcuni fra i protagonisti di quegli anni, da Giampiero Boneschi, a Gianni Coscia, a Carlo Loffredo, e artisti della scena attuale come Enrico Pieranunzi, Rosario Giuliani, Ramberto Ciammarughi, Franco Piana, Luca Begonia e il Quintetto Swing di Emanuele Urso. La St. Louis Big Band, diretta da Antonio Solimese, infine renderà omaggio all'opera di Piccioni.
A Piero Angela il compito di introdurre la serata.


Stefano Zenni


ricerca in edicola

articoli dal n.248 leggibili on line


Parole chiave:
Genere:
Data:
    



© 2009 EDT Srl - Via Pianezza, 17 - 10149 Torino - Partita IVA 01574730014